56° AUC tutto cominciò in montagna....
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Il diario apocrifo

 - 56° AUC
Era inevitabile che anche l’idea di scrivere questo diario nascesse tra le montagne.

Ancora una volta emerge in modo cristallino ed evidente come la montagna non è roccia, non è ghiaccio, non è bosco, non è neve; la montagnama è soprattutto forza e spirito; quello spirito
che ti aiuta a raggiungere la vetta anche tra difficoltà ed avversità, quello spirito che ti fa ricordare sempre chi ti è accanto; è la capacità di dare sempre un supporto, un appiglio a chi ne ha bisogno, ed è la consapevolezza che chi ti è attorno è sempre pronto a tenderti la mano.
La montagna è uno spirito che consolida e sa fondere caratteri, tradizioni e culture diverse.
Uno spirito che è anche gioia di ritrovarsi per continuare quel dialogo che sa dare nuovo vigore all’amicizia.

 - 56° AUC
Proprio in uno di questi momenti di gioia, e quì va ringraziato chi ha saputo ricreare la scintilla
che ci ha fatti ritrovare, è nata l’idea di questo libro.
Era il giugno del 1998, l’incontro annuale del 56° Corso A.U.C. quella sera ci aveva portato in
uno sperduto angolo tra l’Italia e l’Austria sopra San Candido, riuniti per la inevitabile cena; al termine, vagando tra canti e ricordi, è nata l’idea di riunire le nostre semplici storie in questo libro.

Si parlava di episodi che ci avevano legati e di compagni di Corso che non c’erano. I raduni d’altra parte sono fatti anche per questo.
Eravamo allegri, sereni, in vena di scherzi, ci si prendeva in giro. Si guardava la pancia
dell’amico sovrappeso o il viso di quello che, accidenti, non si era riconosciuto: barbe bianche dove prima c’era un mento glabro, una spianata lucida dove (prima della vestizione e del barbiere) c’era una fluente chioma, occhiali bifocali quando prima si indossavano solo quelli da sole per darsi un po’ l’aria vissuta. Pensavamo con autoironia ai nostri cambiamenti e a quanto diversi dovevamo sembrare a quelli che non ci vedevano da una vita. Guardavamo gli altri sapendo che erano lo specchio di noi stessi. Ed allora scattò l’idea: “sarebbe curioso e
simpatico confrontare con le foto di allora, come siamo e come eravamo”.
Naturalmente il passaggio da questa idea ad un album di foto che raccogliesse le immagini di
tutti il passo era breve.

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Come spesso succede, alcune idee appassionano, si butta il cuore oltre lo steccato e poi bisogna saltare di là per essere fedeli a sè stessi e completare quello a cui abbiamo dato inizio.
Tutto ciò non ha niente di strano per chi si vanta di avere un po’ di spirito alpino. Quello che più
ci accomuna sono la voglia di fare e l’essere più che l’apparire.
Il “Comitato di Redazione” immediatamente autocostituito, fedele al principio di fare, anche se costa fatica, quel giorno si era preso un impegno.

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Fu predisposta una scheda questionario da inviare a tutti gli allievi del 56° corso A.U.C.; una scheda preparata per facilitare la raccolta delle informazioni ma formulata anche per provocare un po’ ed invogliare a dire quanto più potevamo di noi stessi.
Non avevamo ancora la minima idea della fatica che sarebbe stata rintracciare tutti dopo trent’anni ma soprattutto non sapevamo quanto lavoro da “cane pastore” si dovesse compiere solo per farsi mandare due stramaledette foto e qualche breve aneddoto o ricordo.
L’impegno si è dimostrato arduo, forse non come l’ascensione all’Emilius, ma ha richiesto comunque tanta perseveranza. In alcuni frangenti stavamo per “tirare l’ala”. Non potevamo uscire con un album che raccogliesse appena la metà degli iscritti al 56° Corso.
Ed allora: dai che ci riproviamo! Ancora solleciti, ancora lettere.

Finalmente il sabato che precedeva il raduno di Brescia del 2000, una delle ultime riunioni con bozze contenenti più di un centinaio di nomi ed oltre 300 fotografie.
Nel tentativo di mettere ordine nel materiale che ci era arrivato cominciavamo a renderci conto di come i ricordi di alcuni contrastassero con quelli di altri. Lo stesso nome appariva in camerate diverse, lo stesso istruttore veniva ricordato con gradi diversi, ci venivano alla mente fatti dimenticati e si discuteva di come presentare quello che ci era stato inviato. Fu subito chiara
una cosa: nessuno aveva il diritto di interferire con i ricordi degli altri. Ognuno ci aveva consegnato con il materiale anche un pezzetto della sua anima ed era quindi giusto far rivivere
la “sua” verità.

L’obiettivo era di pervenire ad un risultato finale che oltre ad essere concreta testimonianza del 56° Corso A.U.C., potesse consentire ad ognuno di noi di ritrovarsi collocato, a distanza di trent’anni, con la sua storia, in un nuovo contesto del 56°.

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In questa strana “marcia” non siamo riusciti ad arrivare fino alla vetta, siamo comunque arrivati fin dove era possibile arrivare.
E’ infatti doveroso precisare che questo libro non raccoglie tutti gli allievi del 56° Corso. Ciò per diversi motivi.
Qualcuno purtroppo ha già raggiunto il Capitano Gilberto Zuzzi su vette troppo alte, a noi non visibili.
Alcuni allievi non hanno completato il 56° Corso, altri sono risultati, nonostante mille tentativi, irreperibili.
Altri ancora, vogliamo sperare per pura pigrizia, hanno preferito “non partecipare “. Pazienza, riteniamo potesse essere veramente una bella occasione per ritrovarci ancora una volta tutti assieme.

Stà di fatto però che proprio in virtù di quello “spirito” cui si faceva cenno all’inizio, in questo libro siamo tutti “Presenti!”